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L'Ecole Secondaire Gikomero si trova a 1800 metri sul livello del mare. Lo sapevo, ma non avevo pensato che usare a questa quota il generatore a scoppio con la carburazione adatta per Roma significa sprecare almeno il 30% di carburante. Facile, basta portarlo da un meccanico e fargli mettere un ugello più fino. Già. Solo che un meccanico, a Kigali, è più o meno uno che possiede una decina tra chiavi inglesi e martello. Del resto è difficile trovare in giro un mezzo che non ti asfissi con una nuvola di scappamento nero.

 

Ora che finalmente è cominciata l'installazione del materiale, posso rimpiangere ogni minuscola cosa che a Orvieto avevo trascurato o rimandato a quando sarei stato qui: i morsetti per la batteria, un taglierino, un cacciavite da 3 mm. Tutto si risolve con fantasia, buona volontà e cooperazione, ma il mio programma di quattro settimane ha già sofferto un taglio di quasi la metà per lo sdoganamento, e ora mi prudono le mani per realizzare qualcosa. Solo per avere il palo pronto ad accogliere la parabola sono serviti sei giorni e tre viaggi a Kigali.

I viaggi... La Sabrina e io dormiamo a Musha, nella casa accogliente di Padre Jean Bosco, il missionario che ci aveva aiutato a trovare la scuola, e dove ritroviamo la sera una rete di conoscenze e affetti, oltre che acqua e luce. Per andare a Kigali si fa una mezz'ora a piedi e si arriva alla strada asfaltata dove si prende il taxi bus, una simpatica scatola di sardine stipata di umanità che ci accoglie con grandi saluti e la quotidiana contrattazione del prezzo con il bigliettaio. Dopo un'ora di viaggio, dalla città a scuola si può prendere un moto taxi e ci si ridipinge con il colore rosso della terra con una mezz'ora abbondante di motocross. Il ritorno è tutt'altra cosa: dalla scuola ci si deve incamminare verso la città finché si incappa in una moto che era salita. Se ci si lascia cogliere dal buio, circa le sei e mezza, non è banale ripartire da Kigali. Ieri ho trovato finalmente un'alternativa, con un "motard" che è riuscito a districarsi nel labirinto di stradine di terra nella campagna e mi ha portato da Musha a scuola in un'ora, senza passare dalla città. Abbiamo trovato un bell'accordo: lui mi aspetta lì e mi riporta indietro la sera. Spero che continui il bel tempo perchè questa corsa in mezzo alle campagne con la luce dorata delle sette del mattino è fantastica. Altrimenti dovrò fermarmi a dormire a Gikomero, ma ho ancora qualche resistenza umusungu e, in caso, la logistica non sarà banale.

Dicevamo, l'installazione: la cassa è stata interamente riutilizzata (anche i chiodi) e si è trasformata in tavoli che ospitano l'elettronica, nel nuovo centro tecnologico sorto in uno sgabuzzino ricavato dentro la biblioteca. Lì si trovano le batterie e l'inverter, un buco nel muro (trapano? scalpello...) li collega al generatore all'esterno. Da qui partono le linee della 220 verso l'economato, la sala insegnanti, due aule alunni, la segreteria e la Direzione. I computer sono stati subito messi in uso dagli insegnanti, giovani e simpaticissimi, che hanno cominciato a familiarizzare con Linux/Ubuntu. Per il momento l'eccitazione per avere dei computer tra le mani è di gran lunga superiore alla delusione di non averci trovato il familiare Windows. Del resto familiare per modo di dire, nel senso che tre o quattro di loro sono andati qualche volta in un internet cafe a mandare una mail. Un oggetto come un portatile non può essere tanto familiare per un insegnante che guadagna, al massimo della carriera, 100 euro al mese e dorme da anni nella scuola senza acqua e senza corrente, tornando nel weekend a casa, sempre senza acqua ne' luce.

In ogni caso gli insegnanti sono principalmente attratti da internet, e mi chiedono tre volte al giorno quanto manca ad avere la connessione. Anche qui c'è stata una piccola delusione: pensavano che la parabola gli avrebbe anche permesso di ricevere tanti canali televisivi, e non sono riuscito a trattenermi dal fare il mio piccolo comizio contro la tv, che li ha fatti molto ridere.
Davvero penso che manchi poco per il collegamento, nello sgabuzzino in biblioteca sono già accesi il server, il modem, l'access point, la stampante. Da ieri l'antenna è puntata e collegata, solo che non ho segnale. Ma ormai lunedì prossimo saranno finite le vacanze anche per Signis a Roma, e sono sicuro che Giuseppe Cestaro risolverà tutto in cinque minuti (ti è andata bene Giuseppe, io speravo di doverti chiamare a ferragosto!). Se tutto va bene, potremo fare un collegamento con il Collegio dei Docenti al Liceo Majorana all'inizio di settembre.

Fin'ora ho nominato solo gli insegnanti di Gikomero. Il fatto è che loro mi stanno sempre intorno nelle ore libere, mentre gli studenti sono impegnati quasi sempre, e comunque sono troppo timidi per avvicinarsi all'umusungu se vedono che è indaffarato. Non vedo l'ora di avere finito l'installazione per cominciare a cercare le strade per fare breccia nella loro riservatezza. Per ora ho solo conosciuto alcuni corrispondenti degli studenti di Orvieto, ma è ancora presto per raccontarvi come si svolge la loro giornata, rimando ancora alla prossima lettera.

Nel frattempo Il mio amico Jordie (per le ragazze della 5L: si, è proprio lui!) è venuto a trovarci a Gikomero con Elisa e ha fatto un po' di riprese e di interviste a studenti e insegnanti. Vorremmo cercare di fare insieme un piccolo documentario per farvi toccare meglio con gli occhi questi colori e suoni.

 

L'odore di qui? Be', provate a fare un piccolo fuoco di eucaliptus...


Musha, 26 agosto 2006

peppe de ninno
Liceo Scientifico Ettore Majorana di Orvieto

e la storia continua...